Oggi le parole sono superflue, oggi parla la musica-
Dalla colonna sonora del film “Il Concerto” di Radu Mihaileanu
Oggi le parole sono superflue, oggi parla la musica-
Dalla colonna sonora del film “Il Concerto” di Radu Mihaileanu
” A volte, con una sensazione quasi di gelo e di raccapriccio, io mi domando, quale sarebbe stata poi in seguito, la mia esistenza, se (per qualche degenerazione culturale o per qualche gioco sadico della sorte) io avessi seguitato a ignorare per sempre, fino alla fine, Wolfgang Amadeus Mozart. Ahì, come sarei cresciuta male! Quale personaggio, ridicolo,insensato,ignorante e deforme io sarei stata! Davvero quel poco di civiltà che ho imparato da quando vivo, io in massima parte, l’ho imparato da Wolfgang Amadeus Mozart…” Queste parole che sono un devoto omaggio al genio assoluto del grande musicista salisburghese, sono di Elsa Morante, forse la più illustre e rappresentativa scrittrice del 900′. In questi giorni sulle istituzioni musicali, teatri lirici e accademie si è abbattuta brutale e sconsiderata la scure del ministro Sandro Bondi. L’aggressivo tagliatore di cultura, smessi i panni del buon curato di provincia e rivestiti quelli del “Bravaccio” al soldo del suo Don Rodrigo, ha intimato ai curatori o sovraindendenti.” Questi teatri, queste sale da concerto sono uno spreco..meno soldi per tutti e molti a casa”. L’Italia non è la lombardia di manzoniana memoria e il Premier dovrebbe pure, sapere che all’estero le orchestre, i cantanti, i musicisti di casa nostra sono sommamente apprezzati, con un ritorno d’immagine gratificante, anche sul piano economico…Sfortunato quel paese che lesina o peggio, stronca risorse destinate alla cultura! Ma il Sovrano italico saldamente assiso sul trono, dal consenso di un popolo sempre più ignorante e rincoglionito di stronzate televisive, se ne infischia. Infatti il suo fedele esecutore tra il mellifluo e l’aggressivo..esegue. E pure sbambito, finge stupore per gli scioperi in corso, che ritiene “ideologici”. Il ministro del Mincultber, ovvero ministero della cultura berlusconica, sa che il suo Sire preferisce veline e escortine ai gorgheggi di un soprano e il chitarrino di Apicella al virtuosismo di un eccellente violinista o pianista.
Post-scriptum: In tal modo, nessuna futura novella Elsa Morante, potrà godere il piacere del sublime Mozart, a meno che non traslochi all’estero.
Dedicato ad un sottufficiale israeliano della riserva, che si è rifiutato di prendere le armi e combattere a Gaza.
Boris Vian scrisse ai tempi della guerra d’Indocina una poesia diventata poi canzone che da sempre è portabandiera della pace. Senza pretese di un altisonante proclama, “Le deserteur” è ancora oggi un inno all’insensatezza della guerra e un accorato grido alla vita. Come dice Amos Oz fra morire ed uccidere c’è una terza opzione: il compromesso che permette di vivere.
In piena facoltà / egregio presidente
le scrivo la presente/ che spero leggerà
La cartolina qui / mi dice terra terra
di andare a far la guerra/ quest’altro lunedì
Ma io non sono qui / egregio presidente
per ammazzar la gente / più o meno come me
Io non ce l’ho con lei / sia detto per inciso
ma sento che ho deciso /e che diserterò.
Ho avuto solo guai / da quando sono nato
i figli che ho allevato/ han pianto insieme a me.
Mia mamma e mio papà / ormai son sotto terra
e a loro della guerra / non gliene fregherà.
Quand’ero in prigionia / qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato / la mia migliore età.
Domani mi alzerò / e chiuderò la porta
sulla stagione morta / e mi incamminerò
Vivrò di carità / sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna / e a tutti griderò
Di non partire più /e di non ubbidire
per andare a morire /per non importa che.
Per cui se servirà / del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro / se vi divertirà
E dica pure ai suoi / se vengono a cercarmi
che possono spararmi/ io armi non ne ho.
Sono passati dieci anni dalla morte di Fabrizio De Andrè, e non ho molte parole da dire. Mi manca come potrebbe mancarmi un amico, un parente, un uomo, che con la sua musica ha segnato la mia vita. Le sue canzoni sono state la colonna sonora degli avvenimenti più importanti della mia storia: la nascita di un figlio, un amore nuovo, i giorni della passione e i giorni dell’ impegno politico e civile. Lo sentivo vicino per la mia infanzia genovese, fatta di “cima e salsedine”, di “creuza de mà” e “bagasce di via Prè” viste con occhi sgranati di bambina. Lo sentivo affine per la fierezza di appartenere ad una minoranza di convinti libertari e di liberi pensatori. Mi accomunava l’invettiva mai volgare contro gli ipocriti, i benpensanti, i beceri conformisti, i piccoli borghesi tutti patria-dio-famiglia . Lo trovavo complice, nelle mie disavventure amorose, romantico e ironico, sensuale e tenero; più di una volta la sua voce ha fatto da sfondo a travolgenti effusioni. Oggi ascolto la sua musica e capisco dal profondo la forza della poesia. Ciao Faber, il mio commosso ricordo non trova espressioni celebrative. Non ti piacerebbero. Un ideale abbraccio. Anna B. Arthur
Non so quali fiori piacessero a Miriam Makeba, ma guardando il suo viso aperto e solare , le regaleri un gran mazzo di girasoli. Si è spenta, a 76 anni durante il concerto contro la camorra a Castelvolturno, per crisi cardiaca, la voce più combattiva e generosa che la terra africana ci ha donato. Sempre in prima linea contro l’apartheid, ha lottato e cantato con quella speciale grinta, che nasce dalla consapevolezza di battersi per le cause giuste: la libertà e i diritti degli emarginati e dei poveri. Mama Africa ci lascia in eredità la sua lunga carriera di indomabile e fiera leonessa della musica e della politica, capace di accenti struggenti e dolcissimi come un tramonto nella savana. Da chi ha avuto il privilegio di ascoltarla, di ballare al suo indimenticabile “Pata -pata”, di sentire la sua energia contagiosa, un saluto commosso. Ciao Miriam.
Inizia oggi a Milano, l’Evento culturale più prestigioso dell’anno. Direi l’Unico con connotazioni internazionali, che per ricchezza di temi e per presenze straordinarie, meriti il bollino dell’eccellenza. Si inaugura col premio Pulitzer, Richard Ford e con l’intervento del premio Nobel Sherin Ebadi, la nona edizione della Milanesiana, festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi. Quest’anno il tema conduttore è: ” I 4 elementi: aria, terra, acqua, fuoco”,e su questo fil rouge si alterneranno a discettare e a dialogare come in un cenacolo di”menti elette”, filosofi, scrittori, scienziati,musicisti, matematici, registi, intellettuali. Fino all’11 luglio, distribuiti in vari spazi, dal Teatro degli Arcimboldi, al Museo della scienza gli spettatori potranno assistere a 33 incontri, letture,spettacoli, concerti, proiezioni filmiche e artistiche. Qualche nome per segnalare il livello altissimo di questo incrocio di arte e di conoscenza: Amos Oz, Elie Wiesel, Giorgio Odifreddi, Ermanno Olmi, Alexander Sokurov,Teresa Salgueiro, Michael Nyman, Umberto Eco e molti altri di gran prestigio. Un plauso incondizionato alla Sgarbi che, mostra le sue doti di organizzatrice e di coordinatrice intelligente e sagacemente eclettica, fuori da “vecchi e triti moduli di far cultura”. Unico neo, a mio parere è la scelta temporale. Fine giugno coincide con l’inizio, seppur parziale dell’ esodo vacanziero. Inoltre i milanesi stressati dal lavoro e dalle prime feroci calure tendono a concedersi lunghi week-and fuori città. Perché non pensare di anticiparlo a fine maggio? Al successo garantito della manifestazione, si aggiungerebbe una maggiore e meno boccheggiante affluenza di pubblico.
Buon Compleanno Bob!!! – Il vento soffia ancora, per quelli come noi, che non si arrendono mai. Nonni o nipotini, idealisti disincantati o ragazzini arrabbiati, ma insieme generazione dopo generazione affamati di giustizia, di buona musica e di irriducibile voglia di un mondo migliore.
Il porno-flash di maggio sarà poco flash e non tratterà di cinema. In ricordo del Maggio francese, che ha incendiato una generazione di giovani idealisti, e ha cambiato, nel bene e nel male, costumi, consumi, modi di essere e di pensare, il porno-post è dedicato ad una canzone-simbolo, ad un musicista carismatico e geniale e ad un’attrice di culto, autentica icona della trasgressione intelligente. La canzone inno all’amore fisico, diciamo senza giri di parole, alla” scopata è “JE T’AiME, MOI NON PLUS” di Serge Gainsbourg cantata con Jane Birkin, che poi diventerà sua moglie. Registrato nel maggio 1969, il duetto di sospiri, gemiti e voci rotte dall’eccitazione, fece immediatamente scandalo. Per la prima volta l’amore romantico cedeva il passo piano piano a sinuosi trasalimenti,il languore si accendeva e l’amplesso non più alluso, trovava espressione nel “Viens” finale, come dire il piacere di fare all’amore con logica conclusione nell’orgasmo. Nella storia della musica era la prima volta che un pezzo rompeva il guscio metaforico per andare esplicitamente al centro ossia al sesso. La Francia un po’ si irritò per l’audacia, testo troppo osé, voci troppo sensuali, poi il successo dilagò strepitoso. In fondo è la patria della libertà e dell’amour fou. Anche i più bacchettoni incuriositi alla fine, l’ascoltavano di nascosto. Ma la pornografia dove sta? L’oscenità, come sempre sta nella censura. Nella malignità di chi ascolta parole e suoni che ogni uomo e donna conosce come il ritmo della vita. Sconcio è l’ipocrita catone con la forbice sempre in mano. In Italia furono vendute, dall’uscita 37 milioni di copie ma dopo tre mesi il disco fu sequestrato e per lungo tempo nessuna emittente lo mandò in onda. Eccovi la parte finale, nella versione italiana. Chiudete gli occhi e immaginate di ascoltarla con la persona del cuore.
Oh amore mio —tu sei l’onda, io l’isola nuda—
tu vai e vieni–tra i miei fianchi—tu vai e vieni–tra i miei fianchi
ed io ti raggiungo, ti amo, ti amo, neanche io –oh amore mio
oh si ti amo—io non più–oh amore mio–l’amore è senza uscita
vado e vengo —e mi trattengo–no! ora,
vieni!!
Leggo sulla Repubblica del 3 maggio, proposte, auspici, ipotesi, colti qua e là, come fior da fiore. Si dice no al gay-pride ” ostentazione fastidiosissima”, (meditate omosex conservatori e reazionari, meditate), no alle puttane sulle strade,(le disgraziate, si prostituiscano a casa loro), manuali di storia liberalizzati, ovvero la STORIA, non la struttura di un’ auto, con guida a destra oppure a sinistra. Quest’ultima versione in pochi e limitati esemplari. E dulcis in fundo il canto dell’inno nazionale in classe, almeno una volta a settimana. Ci hanno risparmiato il saluto romano, forse era pretendere troppo. Ma a Dio, Patria, Famiglia non si sfugge. Per non farmi cadere le braccia e rialzare l’umore, invio un bacio nostalgico e una carezza a due grandi musicisti e chansonnier: Jacques Brel e Giorgio Gaber. Brel cantautore franco-belga, forse non conosciutissimo dai giovani, è stato un gigante della canzone anticonformista, provocatore anti-borghese, amato, tradotto, imitato dalle generazioni posteriori a lui. Per Giorgio Gaber, non c’è bisogno di presentazione, ma solo dire che ha rimaneggiato e cantato una delle più note e dissacranti canzoni di Brel. Eccola, ma solo il ritornello, nella doppia versione originale e gaberiana. Un bacio e una carezza nostalgica e consolatoria. Ci mancate, davvero tanto. – Le Bourgeois –
Le bourgeois c’est comme le cochons – I borghesi sono come i maiali
plus ça devient vieux – et plus ça devient bete – più sono vecchi più divengon bestie
le bourgeois c’est come le cochons – i borghesi sono come i maiali
plus ça devient vieux plus – più diventano vecchi
ça devient co.. – più diventano coglion..
Versione Gaber:
I borghesi son tutti dei porci
più sono grassi più sono lerci,
più son lerci e più c’ hanno i milioni
i borghesi son tutti c…….