Conversando con amici di lungo corso, spesso ci si sofferma su domande che paiono alla fin della fine scontate. Viviamo in tempi bui, da basso, se non infimo impero. La Costituzione repubblicana, cardine della nostra civile convivenza è elusa e sbertucciata. La magistratura è messa sotto scacco da leggi ad personam, la libertà di stampa è costantemente attaccata sia con censure, bavagli, o diktat di stampo “mercato delle vacche”, la cultura, l’istuzione, la ricerca stanno in fondo alla classifica dei valori. Meglio non contano nulla. Mentre lo squallore dilaga, il conformismo e il festival delle banalità hanno sempre più successi, i giovani sono spenti, silenti o peggio assenti. Rassegnati? Consenzienti? Disorientati? Mi si dice che è difficile lottare per il nulla e sono perfettamente d’accordo. Però osservo stringendo i pugni per la frustrazione, i continui attentati ai diritti, la disperata situazione economica, l’assenza di prospettive non dico a medio ma almeno a breve termine e mi chiedo”retoricamente, sconsolatamente” perchè non nascono focolai di rivolta, moti di disubbidienza, rigurgiti “organizzati” di rabbia. Talvolta si accendono sparute fiammelle d’ira e di dissenso, poi subito si spengono come se la pioggia dell’omogenizzazione, dell’assuefazione al peggio spegnesse ogni velleità. Questo post è il primo di una serie riflessioni sull’argomento “fine della politica?” o meglio “constatazione del vuoto che avanza”. Mi auguro che gli amici/e internauti portino sul blog le loro opinioni in merito.