Archive for the ‘cultura’ Category

Nella steppa della scuola

aprile 1, 2009

Molti amici insegnanti, tra i quali più d’un lettore di Ultimo Metrò mi sollecitano a scrivere di scuola. Purtroppo su questo argomento brancolo nel buio. Troppo lontani i tempi in cui andavo a scuola e l’ultima volta che, sono entrata nel vivo, risale al liceo di mio figlio. Quindi mi scuso, se dirò cose generiche, perfino ovvie. Le notizie che compaiono sulla stampa in merito allo stato della scuola e della ricerca,  fanno venire i brividi e voglia di mettersi le mani tra i capelli. Da sempre Cenerentola negli investimenti dei governi  pare che,  politici e classe dirigente siano affetti da inguaribile miopia. Ultimamente direi cecità.  Un paese che non investe risorse nella scuola, nell’università e diciamo in generale nella cultura è destinato ad un inesorabile declino. La verità  è che da troppi anni, l’Italia ha adottato il passo del gambero vivacchiando in un mediocre cabotaggio,  fatto  di buona volontà di volenterosi animati da senso di responsabilità,  non molti e di “sopravvivenza” alla carlona dei più.  Una cara amica, insegnante di lungo corso  quindi “ammiraglia” nella navigazione scolastica” mi ha riferito un detto che era risaputo tra  colleghi: ” Poco ti pago e poco pretendo”. Oggi invece vale “Poco ti pago e molto pretendo”.  Con buona pace della Ministra dallo sguardo languido e attonito. L’ultima notizia riportata su Repubblica è a dir poco inquietante. ” Numeri ufficiali dal Ministero: spariranno due posti su tre, 37mila cattedre in meno..” In tutto questo sfacelo, si aggiunge la perenne idiosincrasia italiana per le materie scientifiche. Qui si mette il dito in una piaga mai sanata che, mostra la pochissima considerazione per tutto ciò che riguarda la scienza e la tecnica, quest’ultima valutata solo come accesso rapido al mondo del lavoro. Non so quanto,  questa antipatia verso la matematica, la fisica o la chimica affondi nell’indole superficiale e retorica degli italiani, o nella loro storia sta di fatto che è previsto un ulteriore giro di vite con la” dismissione” dei licei  sperimentali ad indirizzo scientifico.  I nostri ragazzi camminano nella steppa della scuola nella totale indifferenza di tutti: di istituzioni arretrate e dissennate, di famiglie che sognano per i figli guadagni facili senza impegno e fatica, dei giovani stessi,  rincoglioniti da modelli televisivi esemplari quali tronisti e veline. Non voglio fare discorsetti lagnosi, triti e ritriti.   A questo proposito vi suggerisco di dare una mano ad alcuni insegnanti che si battono per il mantenimento degli istituti ad indirizzo scientifico. Potete dare il vostro contributo visitando il sito http://www.coordinamentoitp/Ist.osp

Ringraziamenti

marzo 27, 2009

In questa terra di fango e di oblio, in questo Belpaese di ilari buffoni e di arroganti beoti  è avvenuto un miracolo. Mercoledì sera nella trasmissione “Che tempo che fa”, Fabio Fazio ha ospitato Roberto Saviano.  Il giovane autore di “Gomorra” ha raccontato per  tre ore e più, gli intrecci, le collusioni, il malaffare di una delle più feroci organizzazioni criminali con ramificazioni affaristiche,  in Italia e all’estero.  Ha illustrato gli aspetti mostruosi di una guerra strisciante che,  si combatte nell’indifferenza e nel silenzio di media e di opinione pubblica.  Come ennesima conferma all’arendtiana “banalità del male”, ci si abitua a tutto,  se il pensiero prevalente è il disinteresse e il “mi-faccio-i-fatti-miei”.  Allora a Nord, a Est, e soprattutto a Sud  è irrilevante,  se a dettare   legge è l’omicidio,  se poi il morto è un ragazzino chissenefrega,  se è lo spaccio, l’estorsione, la complicità di politici compiacenti e in affari coi boss. Si potrebbe obiettare che lo sapevamo già,  ma come lo stesso Saviano ha ribadito una notizia di cronaca dura meno di un fiore reciso.  Siamo assuefatti alle efferatezze di guerre e di  mafie di ogni parte del pianeta, siamo bombardati da resoconti di stragi, di profughi, di orrori.   Eppure, se essere Uomini o Donne nel senso  alto del significato che  Primo Levi dà all’ esistenza umana,   la barbarie del mondo ci riguarda.  A maggior ragione ci riguarda quello che avviene in Campania tutti i giorni.  Riguarda gli abitanti di quella sfortunata regione che, ha visto  assassinati coloro che hanno lottato contro i clan, riguarda me, riguarda noi tutti.  Il can-can securitario e strumentale contro i reati degli irregolari,  con l’equazione  stranieri =delinquenti, ha bellamente scotomizzato la lebbra camorrista.  L’orazione civile di Roberto Saviano di forte impatto emotivo, ha inchiodato quasi cinque milioni di telespettatori. L’ articolo  di Natalia Aspesi  pubblicato  oggi su  Repubblica ci rammenta che,  con il giovane scrittore hanno dialogato Paul Auster e David Grossman, due prestigiosi autori impegnati a raccontare nei loro romanzi le contraddizioni  e le violenze del vivere quotidiano. Parlare tra scrittori di letteratura e di scene di ordinaria atrocità è un evento raro, rarissimo sugli schermi televisivi. Ecco perché ho parlato di miracolo. A questo punto fiera di essere concittadina del giovane Saviano, mi sento per una volta tanto di ringraziare Fabio Fazio per la conduzione,  Paul Auster e David Grossman per la partecipazione, Antonio Albanese per il “siparietto”, Natalia Aspesi per l’articolo su Repubblica. Ho la sensazione che da qualche tempo intellettuali e giornalisti stiano rialzando la testa, non parlo di chi è costantemente con coerenza in prima linea. Avverto un tenue cambiamento di vento, forse solo un soffio, un breve refolo d’aria nuova. Chissà!   Il coraggio di Roberto, mi induce a sperare e a crederci. Grazie a tutti voi.

Breve trattato sulla decrescita serena.

marzo 16, 2009

Non  è nella pratica di Ultimo metrò recensire saggi o romanzi. Ogni tanto però, qualche strappo alla regola va fatto, come nel caso del  libro: “Breve trattato sulla decrescita serena” di Serge Latouche.  Il sociologo francese, allievo di Ivan Illich e già docente all’Università di Parigi XI, è ormai il più noto promotore del pensiero della decrescita.  Concetto, come spiega lo stesso Latouche, che non ipotizza una crescita negativa, ma che ridefinisce le idee di economia, progresso, sviluppo tenendo conto della finitezza delle risorse. Un dissennato inseguimento alla crescita appare in tempi stretti, incompatibile con i limiti umani ed ecologici del pianeta, quindi insostenibile e catastrofico. Ciò non comporta un salto all’indietro, per paradosso dal treno ad alta velocità alla diligenza, anzi una società “della decrescita” ha come visione l’ottimizzazione delle risorse. Se mai, detto un po’ grossolanamente, immagina  minore produzione e di conseguenza minore consumo, non in un’ ottica punitiva o penitenziale,  ma al contrario, di migliore utilizzo del tempo tra produzione, lavoro, fruizione dei beni, svago e cultura.  Per una volta con appassionato interesse, suggerisco la lettura di questo libro o di altri come: ” La decrescita felice”,” Come sopravvivere allo sviluppo” ecc. Nel mio piccolo prendendo a prestito il titolo di un’opera di Latouche, riduco, riciclo, rifiuto gli orpelli consumistici e cerco di vivere meglio, senza rinunciare ad un buon spettacolo o all’acquisto “necessario” di un  capo d’abbigliamento di marca.———-Serge Latouche- Breve trattato sulla Decrescita Serena—- Bollati-Boringhieri.

Ciao Luigi

febbraio 6, 2009

Il 26 dicembre del 1997 la salma di Giorgio Strehler  era esposta nella sede del Piccolo Teatro ed autorità, estimatori, semplici cittadini andavano a rendergli omaggio. Il foyer del teatro era tappezzato da fotografie che illustravano la lunga, eccezionale carriera del grande regista. L’autore di quelle foto che testimoniano successi indimenticabili, spettacoli rimasti nella memoria collettiva come autentici capolavori, era Luigi Ciminaghi. Un uomo intelligente, spiritoso, con un’alta professionalità e una speciale sensibilità per l’arte teatrale. Oggi non avremmo testimonianza di attori,  scenografi, registi che nel corso degli anni hanno fatto del Piccolo, un sorta di” Old Vic” milanese, un’istituzione culturale riconosciuta nel mondo. Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere Luigi, molti anni fa e lo ricordo con simpatia e ammirazione. Sapere che non c’è più mi rattrista non poco. Come se Milano già disastrata e irriconoscibile, nonché disertata dai suoi più brillanti elementi, avesse ulteriormente perso oltre all’artista un pezzo della sua storia migliore