Archive for the ‘Cinema’ Category

Oblò

Maggio 28, 2010

Si inaugura oggi una rubrichina chiamata,  Oblò,  che sinteticamente tratta l’intreccio tra Cinema  e Filosofia. Per evidenti ragioni,  getterà un rapido sguardo sull’orizzonte cinematografico che intreccia la vita e l’opera di illustri pensatori.  Naturalmente senza alcuna pretesa di scrutare nel profondo.

Da ” Pensieri Diversi” ed Adelphi alcune riflessioni di Ludwig Wittgenstein.   ” Ciò a cui mi oppongo è il concetto di un’esattezza ideale che ci sarebbe dato, per così dire, A PRIORI.  In momenti diversi sono diversi i nostri ideali di esattezza; e nessuno di essi è il supremo”—————–“La straordinaria vanità dei desideri si mostra nel fatto che io ad esempio desidero riempire al più presto un bel quaderno da cima a fondo.  Non me ne viene NULLA: non lo desidero, direi, perchè questo testimonia la mia produttività;  è solo l’ASPIRAZIONE a un disfarmi al più presto di qualcosa che mi è divenuto consueto  anche se sicuramente, appena me ne sarò sbarazzato, ne comincerò uno nuovo e la stessa cosa si ripeterà  tale e quale.”—————-“Sto nella vita come il cattivo cavaliere  a cavallo.  Devo solo alla bonarietà  dell’animale se non vengo sbalzato di sella in questo istante”————–” Se l’arte serve a =generare sentimenti=, la percezione sensibile che ne abbiamo è uno di questi sentimenti?”————————————————

Wittgenstein è un film che il regista inglese  Derek Jarman ha girato nel 1993 e tratta della vita e del pensiero del grande filosofo austriaco.  Commissionato all’inizio per una serie televisiva è stato realizzato completamente in studio. Il film  segue un andamento a blocchi al limite dell’astrazione,  su un tracciato antologico che snoda le varie vicende dell’esistenza di Wittgestein,  da Vienna a Cambridge. La messinscena è asciutta, rigorosa nello stesso tempo con un forte impatto visivo,  di lineare intensità estetica. Fuori da ogni orpello convenzionale, ancora una  volta Jarman, orchestra una materia rarefatta,  geometrica con commistioni brecthiane e libertà creativa. Per i cultori del genere assolutamente da recuperare in DVD.

Oggi parla la musica…

Maggio 13, 2010

Oggi le parole sono superflue, oggi parla la musica-

Dalla colonna sonora del film “Il Concerto” di Radu Mihaileanu

Fortapàsc

aprile 27, 2009

Volevo parlarvi del film di Soberbergh ” Che l’Argentino”, che ho appena visto con “mucho gusto”, ma aspetto con fremente pazienza l’uscita del secondo atto. Infatti il 30 aprile sarà in tutte le sale il secondo film di questa meticolosa biografia del Comandante Guevara. L’idea di spezzare in due parti un’ opera con un alto minutaggio non è nuova. Quello che poco mi garba è che intercorra molto tempo tra una proiezione e l’altra. Lo spettatore avrebbe il diritto di poter vedere in sequenza i due film, un giorno dopo l’altro per esempio e non con intervalli lunghi che spezzano il desiderio e l’emozione del continuum della storia. Ciò detto, in attesa che sia completata la visione per poterne argomentare con cognizione di causa, ho optato per bel film italiano, ricco di quelle qualità di denuncia e di impegno sociale tipiche della migliore tradizione della cinematografia nostrana. Fortapàsc del regista Marco Risi, precede quello che sarà poi narrato da Matteo Garrone con  Gomorra. Il giovane protagonista,  Giancarlo Siani è stato in un certo modo un anticipatore del lavoro di Roberto Saviano. Sul filo di potere, soldi e sangue il giovane cronista del Mattino , praticante senza contratto si muove con la costanza di un segugio tra le pacchianate camorriste e i relativi intrighi politici. Siani indaga e il suo ficcare il naso senza timori reverenziali lo condanna a cadere sotto i colpi dei guaglioni dei clan. Una forte riflessione sul ruolo del giornalista viene dalla voce  del personaggio di un prudente anziano collega che distingue “Il giornalista-giornalista” dal “Giornalista-impiegato. Lo squallore del territorio, case, spiagge, incuria fa da sfondo al ritratto di una criminalità rampante collusa col potere politico. Ottimo film, con il protagonista Di Rienzo calato perfettamente nei panni del giovane Siani. un consiglio: andate a vederlo!

Louise-Michel

aprile 22, 2009

Questa sarà la recensione più breve tra tutte quelle che ho scritto. Motivo: desidero che lo spettatore si faccia una sua precisa opinione per un film corrosivo, sulfureo, grottesco  in poche parole un film-“anarchiste.” Lo scheletro della trama è all’incirca questo: in una fabbrica della Piccardia, regione tra Francia e Belgio, il mellifluo, bieco padrone promette alle operaie che non dislocherà l’azienda. Una mattina le donne trovano lo stabilimento vuoto. Desolazione e sconforto, che fare? Con le misere liquidazioni,  Louise una singolare creatura con un monacale impermeabile, trova un’idea appagante. La rabbia delle sfruttate sarà riscattata dall ‘assunzione di un killer a pagamento che farà fuori il malvagio, truffaldino capitalista. Qui inizia una girandola di gag stralunate, di vicende paradossali, di provocazioni sgangherate con tanto di colpi di teatro e agnizioni sessuali. Si ride a denti strettissimi, non aspettatevi una brillante commedia. Niente di più lontano da un movie stile televisivo.  Si sorride amaramente con un taglio dissacrante, dei concreti mali della società e delle nefandezze del capitalismo rapinoso e irresponsabile.  Due parole sul titolo. Louise Michel,  nata nel 1830 figlia di madre nubile era una femminista rivoluzionaria e anarchica. Si unì al gruppo “Diritti delle donne”,  fu educatrice, insegnante. Aprì scuole e aiutò le prostitute. Entrò ed uscì di galera poi dopo aver partecipato alla Comune di Parigi,  fu deportata in Oceania.  Utilizzando il nome Louise-Michel i registi rendono omaggio ad un’icona di libertà e nello stesso tempo siglano il loro film come portabandiera di una radicale critica sociale col vecchio slogan sessanttotino:  “Una risata vi seppellirà”.

3+1 Come Dio comanda

aprile 21, 2009

E’ appena uscito in DVD l’ultimo film di Gabriele Salvatores.” Come Dio comanda”.  Per questo regista vale lo strano assioma comune a Ridley Scott, ossia girare  un capolavoro e in seguito, incappare nel tonfo di un opera mediocre.  Non sembra che il regista dei” Duellanti e di Blade Runner” sia lo stesso di “Soldato Jane”, invece ragioni indiscutibili dello star-office hollywoodiano inducono a scelte non sempre felici. Ciò vale anche per Salvatores che,  imbrocca film molto belli come l’avvincente “Io non ho paura”  e poi delude con  quest’ultimo,  sicuramente non tra i suoi migliori. L’azione si svolge nel basso Friuli piovoso e grigio, in una sorta di squallida spianata ghiaiosa e le lontane montagne, dove tra fabbriche e capannoni si intravedono paesotti di gente benestante. In questo contesto cupo, un padre in guerra col mondo intero,  funge da maestro di  vita  all’amatissimo figlio adolescente. L’uomo forte bevitore,  insegna al ragazzo le qualità virili di un fascista rancoroso e gonfio di disprezzo. Salvo poi mostrare solidarietà  verso un giovane con turbe psichiche, forse prodotte da un lavoro massacrante. Il padre, uno bravissimo Filippo Timi, nella sua contraddittoria carica di violenza esprime inattese sensibilità, ma nel rapporto verso il figlio è prevalente  una componente patologica e morbosa che,  sconfina in un  simbolico incesto omosex. La storia tratta da un romanzo di Niccolò Ammaniti è interessante e presta il fianco ad interpretazioni metaforiche. Peccato che Salvatores tratti le psicologie dei vari personaggi a tinte fosche e urlate, senza sfumature e “decantazioni”.  Mi pare davvero un po’ troppo sopra le righe, se penso all’asciuttezza dei fratelli Dardenne che,  pure maneggiano storie estreme di emarginazione, crudeltà  ed esclusione. Ben guidato il cast, oltre al citato protagonista, un plauso al giovane Alvaro Careca e un’ottima conferma al versatile  Elio Germano. A disposizione nei negozi specializzati in noleggio o vendita di DVD.

3+1 The Reader-A voce alta

aprile 16, 2009

L’ignoranza come metafora della barbarie? Velatamente sembra che il film “The reader”  voglia suggerire questa tesi, seppure con molti distinguo.  Se mai l’ignoranza come velo alla consapevolezza, come colpa di un male assoluto compiuto per conformismo, per nascondere una banale vergogna, un’ insopportabile inadeguatezza. Non ho letto il romanzo di Bernhard Schlink ” A voce alta” che sicuramente sarà più esplicativo di ciò che il film suggerisce e probabilmente meno ambiguo. La storia è quella dell’incontro di una trentenne, bigliettaia di tram con un adolescente liceale.  Tra i due scoppia una passione.  Per il ragazzo è l’ iniziazione al sesso e all’amore,  per la donna è  l’occasione di ascoltare con voracità, la lettura di racconti fatta dal giovane. All’improvviso la protagonista sparisce e troviamo il nostro studente alla facoltà di legge dell’università. Qui egli scopre che l’amante è imputata di efferati crimini di guerra, che è stata kapò delle S.S in un campo di concentramento ed è ritenuta responsabile di una terribile strage. Rivediamo lo studente ormai adulto e affermato penalista, ripensare al tremendo segreto che lo legava alla donna, e che  ha deliberatamente non rivelato, lasciandola condannare; ovvero che la crudele esecutrice di ordini era analfabeta e questo non sapere” leggere e scrivere “era per lei un’inconfessabile onta. Film altalenante con momenti intensi e cadute di tono. La protagonista certo non è  vista con indulgenza, ma con un filo di compassione e simpatia in più del consentito. Merito anche dell’eccezionale interpretazione di Kate Winslet, personaggio densissimo e rigoroso. Un plauso a tutto il cast e grande prova del giovane David Kross e del navigato Ralph Fiannes. Ho accennato alla trama, ma il film ha molti risvolti che meritano un passaggio al cinema. Sicuramente anche per discuterne pregi e difetti. Buona visione

3+1 — Two lovers

aprile 15, 2009

Non lasciatevi fuorviare dal titolo che,  può ricordare una delle tante commediole rosa di stampo hollywoodiano.  E’ invece un grande film intriso di malinconia e di straziante amarezza sull’impossibilità dell’amore.  La storia esemplare per linearità, racconta l’inquietudine e il disagio esistenziale di un quarantenne appena uscito da una casa di cura, per  un tentato suicidio. Il protagonista aspirante fotografo vive con i genitori. Il padre gestisce una lavanderia, la madre è la classica “moma” ebraica avvolgente e ansiosa che, desidera per il figlio un buon matrimonio ma che è pronta a comprendere tutto per amore. Il nostro nevrotico bambinone s’innamora perdutamente di una ragazza super-incasinata e  piuttosto masochista che, proprio non riesce a ricambiarlo se non con un’ambigua amicizia. Nel frattempo un’altra ragazza dolce e disponibile gli  esprime  sentimenti amorosi nella speranza di diventarne la fidanzata. Siamo in presenza di un insolito triangolo cechoviano dove   “lui ama una lei, che sua volta ama un altro e una terza non riamata, spasima per lui.” Vaghi rimandi alla letteratura russa, Cechov, Dostoevskij ci dicono che James Gray  discende da famiglia di ebrei russi che hano messo radici in un  quartiere di Brooklyn. Ed è proprio Brighton Beach col suo clima uggioso e grigio a far da sfondo ad un dramma doloroso, dove delusione, tristezza e una sorta di oscuramento della speranza sono incalzanti e con ritmo serrato chiudono le porte all’amore come desiderio estremo e irrealizzabile e aprono le serrande al tran-tran quotidiano, fatto di piccole consolazioni. Il regista alla sua quarta prova, dimostra di essere considerato tra i migliori della sua generazione. Mai banale, sottile scutatore di anime lacerate e consumate dalle contraddizioni e dalla durezza della vita, Gray dirige un cast strepitoso a partire dal suo attore favorito Joaquin Phoenix , davvero eccezionale. Via via tutti gli altri da Isabella Rossellini, la protettiva madre a Gwyneth Paltrow, la bionda  spezza-cuore,  a Vinessa Shaw  la comprensiva fidanzata. Assolutamente da vedere.

3+1 Cinema….

aprile 14, 2009

Riprendiamo a parlare di cinema con tre film ancora in programmazione e con un film appena uscito in DVD. Iniziamo con FROZEN RIVER  che è  in sala ancora per poco. Affrettatevi a vederlo perchè è un’inaspettata sorpresa. Piccola gemma tra i film indipendenti, ha vinto il premio Sundance 2008 .Chi ha amato Thelma&Louise non rimpiangerà i soldi del biglietto.  Anche in quest’opera le protagoniste sono due donne mal maritate che devono lottare  “alla disperata” per la sopravvivenza. Siamo nel Newor,  al confine est tra USA e Canada dove  una riserva indiana ai margini tra il fiume San Lorenzo e la foresta,  ha statuto di extraterritorialità. Qui Ray bianca, non bella, povera, con due figli da mantenere nel tentativo di trovare il  marito giocatore d’azzardo si imbatte in Lila un’indiana altrettanto povera e allo sbando  a cui hanno sottratto il figlioletto.  L’incontro tra le due donne è un duro, amaro braccio di ferro fatto di diffidenza e di malanimo, finché entrambe non trovano conveniente un accordo per trafficare nel trasporto di clandestini. Non dirò di più per lasciare allo spettatore il piacere della visione. La regista e sceneggiatrice Courtney Hunt al suo secondo lungometraggio,  mostra una sensibilità narrativa e  polso sicuro  nel manovrare la camera di tutto rispetto. Sentiremo ancora parlare di lei,  inoltre non sono tante anche negli Stati Uniti le donne  talentuose al suo pari. Da segnalare la grande prova di Milissa Leo e nel complesso di tutto il cast. Una nota alle spettatrici: questo film,  la cui cifra è la faticosa vita delle donne, l’amore per i figli e la solidarietà femminile è dedicato particolarmente a voi.

Poker d’assi 4) Valzer con Bashir

marzo 26, 2009

Il conclusivo asso del poker è VALZER CON BASHIR.  Siamo di fronte ad un film d’animazione specialissimo e di forte impatto emotivo. Già Persepolis di Marjane Satrapi ci aveva incantati e commossi,  appassionando critica e pubblico.  Ancora una volta un cartoon ci conquista, pur nella profonda diversità. Se l’uno era un bijoux con lampi di speranza, questo è  come una pietra incrostata,   scavata dal fondo doloroso della memoria.   Ari Folman trova attraverso  ” l’animazione”  un modo alternativo e inedito di raccontare il ricordi di un giovanissimo  soldato israeliano. Il protagonista rievoca la sua partecipazione alla prima guerra del Libano, quella nota per l’orrore di Shabra e Shatila, dove le milizie libanesi cristiano-maronite operarono,  senza colpo ferire,  un’ efferata strage di palestinesi, donne, bambini,  inermi libanesi musulmani.  Oscillando fra l’onirico e il bisogno di liberarsi di una straziante ossessione,  l’autore ci mostra rovine, palazzi slabbrati, cadaveri,  cani ringhianti.  Indimenticabile, a questo proposito, ci appare la sequenza di un soldato che, danza tra edifici bombardati un macabro “valzer”,  con Bashir Gemayel il presidente responsabile della mattanza.  Nella nebbia del tempo passato, i segni del massacro si fanno più evidenti e il giovane soldato nel tritacarne della guerra, tra rimozione e accettazione sembra chiedersi come si possa assistere ad un eccidio senza intervenire , senza riflettere sulla ferocia umana  e sullo straniamento di indossare una divisa a vent’anni. Il disegno animato con l’aiuto anche del computer- graphic è così incisivo e straordinario, da essere coinvolgente al pari di un pugno allo stomaco. Pugno che lascia il segno e induce ad amare riflessioni. Da non perdere.

Gran Torino

marzo 23, 2009

A proposito di “Gran Torino” ultima fatica di Clint Eastwood, scrive su Repubblica Roberto Nepoti:  ” Da che cosa si riconosce un capolavoro?…da semplicità,  unita alla capacità di dire cose importanti..” e prosegue: ” Clint è più eroico quando estrae l’accendino di quando..giovane Callaghan, tirava fuori la sua 44 Magnum”, per terminare:”…Che occorre ancora per fare un capolavoro?”  Chi sono io per contraddire il grande critico?  Infatti concordo con la sua laudativa recensione , il film è straordinario, memorabile, imperdibile.  Mi chiedo però,  quanti capolavori,  questo immenso regista che,  come un vino prezioso più invecchia più acquista eccellenza, ha confezionato negli ultimi anni. “Mistic river”, “Million dollar baby, “Lettere da Ivo Jima”, “Flags of our fathers”,”  Changeling” sono i film girati dal 2000 ad oggi, tutti all’insegna dello stigma del primato, tutti a loro modo ascrivibili alla categoria di opere di qualità eccezionali. Personalmente riconosco solo a  5 o 6 registi  la prerogativa di aver realizzato  molti o quasi tutti capolavori, tra questi Kubrick, Fellini, Truffaut.. forse non a Eastwood. Quindi tornando a “Gran Torino” siamo di fronte ad una prova di regia superlativa.  Il vecchio Clint asciutto ed essenziale  si cala con naturalezza nei panni del metalmeccanico Kowalski.  Da poco vedovo, con un rapporto di sprezzante disagio coi figli,  l’uomo si presenta come un misantropo brusco e  incazzoso, nascondendo però, le durezze che la vita gli ha riservato e i conti non saldati col il passato di reduce della guerra di Corea.  Il nostro protagonista che,  detesta i vicini asiatici si lascia lentamente andare prendendo sotto la sua protezione un ragazzotto di etnia Hmong, angariato da una gang di delinquenti. Da consumato volpone,  Eastwood sa alternare siparietti da  commedia a momenti altamente drammatici e commuoventi. Kowalski si fa carico dell’educazione dello sprovveduto ragazzo, come un rude maestro  “di ragion pratica” e di “ragion etica”, o come un burbero nonno che, insegna al nipote a corteggiare le coetanee e  rapportarsi virilmente con gli adulti. Ed è tanto forte il legame tra i due che all’epilogo lascerà al giovane la sua auto da culto, la Gran Torino Ford a mò di ideale consegna del testimone.   La parola virilità è parola chiave in questo percorso d’iniziazione,  a cui fanno da corollario i sentimenti: la solidarietà, l’affetto e la coraggiosa difesa dei deboli contro i violenti. Forse ha ragione Roberto Nepoti, quando lo definisce capolavoro, anche se personalmente ho dato il”  Palmares” ad altri film. Un ultima notarella. Alcuni considerano Clint Eastwood un esponente della destra repubblicana.  Confondere un conservatore di altissimo profilo morale che,  ha scritto scene indimenticabili contro la guerra per un destrorso è una cazzata colossale. Assolutamente da non perdere.