Oggi Ingeborg Bachmann avrebbe 83 anni. Non possiamo neppure immaginare cosa sarebbe stata la sua vita e la sua produzione letteraria nel corso del tempo. Possiamo invece ricordare la sua tragica fine a Roma, in un fine settembre del 1973. Un incendio, forse una sigaretta accesa caduta nel letto, mentre si addormentava, forse qualche bicchiere di troppo. Congetture e nulla più. Il rispetto esige di non indagare, sappiamo molto di lei; della sua tesi di laurea in filosofia su Heidegger, degli studi e dei saggi su Wittegenstein, dei suoi amori infelici, della dolcissima amicizia col grande compositore Hans W.Henze. Conosciamo dai suoi romanzi e dalle sue poesie che, questa donna sorridente, ironica, amante delle languide atmosfere romane, così distanti dalla sua Klagenfurt, e pur così figlia dell’ in-felix Austria, è stata profondamente e irreparabilmente segnata da un insanabile dolore esistenziale.
Sempre da “Non conosco mondo migliore” Guanda Editore
Sono scomparse le mie poesie. / Le cerco in tutti gli angoli della stanza.
Per il dolore non so come si scriva / un dolore, non so in assoluto più nulla.
So che non si può cianciare così/ dev’essere più piccante, una pepata
metafora / dovrebbe venire in mente. Ma con il coltello nella schiena.
Parlo e taccio, parlo, cerco scampo in un idioma
in cui compare persino lo spagnolo, los toros y / las planetas
forse si può ancora sentire / su un vecchio disco rubato. Funziona anche
con un po’ di francese, tu es mon amour depuis si longtemps.
Adieu, belle parole, con le vostre promesse.
Perché mi avete abbandonata? Eravate a disagio?
Vi ho dato in custodia ad un cuore, di pietra.
Fate per me lì, resistete lì, fate per me lì un’opera.